L’Umbria è terra di secolari suggestioni sacre, che nell’arte riportano ad oggi gli splendori di un tempo, intatti e incorrotti. Attraverso le vivide testimonianze storiche, artistiche ed architettoniche delle città umbre, è possibile ritrovare un percorso fatto di luoghi, oggetti sacri, opere d’arte e tradizioni che dialogano strettamente con il territorio e che riportano a noi, in un linguaggio unico, tutta l’influenza e la grandezza che ebbe la chiesa sulla produzione artistica ed artigianale di un tempo. Il Museo Diocesano di Gubbio, rappresenta in questo contesto di suggestioni, un unicum assoluto, per la struttura architettonica di contesto e per le sue collezioni, legate alla storia secolare della Diocesi eugubina. Tra tutte spicca indubbiamente la parte relativa alla collezione orafa. Le tre salette del tesoro ospitano alcuni antichi beni della diocesi, tra cui mitrie, fermagli da piviale, croci, anelli ed altri gioielli da vescovo, un imponente collezione di calici, chiroteche, scarpe da pontificale, riccioli da pastorale ed un tabernacolo portatile. Ed ancora oggetti per la celebrazione dell’Eucarestia, con un servizio per il lavabo, una navicella per l’incenso, un piatto da questua per l’offertorio, vari gioielli da statua ed un rosario dell’Addolorata, ed ancora alcuni reliquiari a tabella, a scatola, a borsa, in pietra e a capsula. Un’altra teca contiene preziose pissidi, ostensori e strumenti della pace. Si trova anche una teca ricca di Carteglorie in argento, che contengono i testi invariabili della messe e venivano posti sull’altare durante le celebrazioni. Completa il percorso un velo omerale dell’800 che il sacerdote si appoggiava sulle spalle e con il quale prendeva in mano le suppellettili ecclesiastici in segno di rispetto. Sempre a Gubbio altra interessante testimonianza dell’arte liturgica la troviamo invece a Palazzo dei Consoli, con  due reliquiari a croce provenienti dalla Chiesa di San Francesco, ove vennero rinvenuti nel 1910. I manufatti presentano scritte esplicative delle reliquie conservate all’interno, alternate a motivi vegetali, e, all’interno dei terminali mistilinei e al centro della croce, la raffigurazione di vari personaggi sacri. Una croce ha rappresentati Cristo in Pietà, la Vergine e san Giovanni Evangelista, un santo con verga gigliata e san Pietro. L’altra riporta invece sul fronte le seguenti raffigurazioni: San Francesco, la Vergine e San Giovanni Evangelista, il Redentore benedicente, sul retro si trovano San Giovanni Battista con l’agnello, Sant’Antonio da Padova e Santa Chiara. In queste croci si evidenzia la terza fase di sviluppo in questa tipologia di prodotti umbri nel Trecento, caratterizzata da un notevole salto di qualità rispetto alle fasi precedenti e da una derivazione diretta da fonti figurative esclusivamente assisiati. I due reliquiari fanno parte infatti di un gruppo di arredi devozionali che la critica ha ritenuto improntati allo stile morbido e patetico di Puccio Capanna, uno dei principali discepoli di Giotto che, attraverso un soffice plasticismo, ha realizzato figure dalla profonda intensità psicologica e sentimentale. Le sperimentazioni artistiche di Capanna vengono recepite con maestria dall’autore dei vetri graffiti, che ha saputo rendere la plastica consistenza di figure descritte da un morbido chiaroscuro entro una linea di contorno nettissima e ferma. Questi manufatti, ebbero proprio Assisi e l’Umbria come polo di produzione e diffusione. Ma il territorio della fascia appenninica con i suoi piccoli e grandi comuni, porta in se testimonianze simili e al contempo così differenti tra loro, ed ecco ad esempio che a Gualdo Tadino, al Museo Civico Rocca Flea tante sono le testimonianze legate all’arte sacra e alla liturgia, si può ammirare ad esempio lo  Stendardino processionale di Matteo Da Gualdo, a due facce con l’Assunta e l’Immacolata Concezione, proveniente dalla Chiesa parrocchiale di Santa Maria di Nasciano. Le due facce sottolineano l’eccezionalità della figura di Maria, con l’Assunzione al cielo e l’Immacolata Concezione. Di particolare interesse quest’ultima, poiché si tratta di una precoce raffigurazione della figura autonoma della Vergine. Sempre ascrivibile alla mano di Matteo da Gualdo, si ricorda la Madonna in trono con il Bambino e i santi Matteo da Gualdo, proviene dal monastero delle clarisse di Santa Margherita. L’iconografia tesse l’elogio dell’ordine francescano, al centro la Madonna in trono con il Bambino, vestito di una tunichetta gialla e con le gambe avvolte in un panno rosso, come era solito nelle immagini destinate a conventi femminili. A sinistra San Francesco e San Bernardino, a destra Santa Margherita e Santa Caterina; nei due tondi della cimasa San Bonaventura e Ludovico da Tolosa. La pala è la prima opera datata di Matteo da Gualdo. Da annoverare indubbiamente anche Maestro del Crocefisso di Gualdo, attivo nella seconda metà del XIII secolo, con un crocefisso proviene dalla prima chiesa urbana dei francescani, consacrata nel 1315. L’iconografia è quella di origine bizantina del Christus patiens, che sostituì quella più antica del Christus triunphans. La croce di Gualdo appartiene alla cultura dell’Umbria settentrionale e si inserisce perfettamente nell’espansione generata dal grande cantiere laboratorio di Assisi. Vari anche i paramenti Liturgici come quelli della teca al centro dell’antica Chiesa di Sant’Angelo de Flea, menzionata già nel XII secolo e che costituisce il nucleo originario della Rocca, sono esposti esempi di parati liturgici dei quali si ipotizza la provenienza dalla Cappella di San Giovanni Battista ubicata nella stessa sede.  Proseguendo questo percorso si giunge a Nocera Umbra, qui la Diocesi nocerina, ha una storia incerta ma molto antica, sicuramente si potrebbe far risalire al V secolo, nonostante l’assenza di documenti, presenti solo dal X secolo. A quel tempo acquisì i terreni delle ex diocesi di Plestia e Gualdo Tadino fino a giungere a  Sassoferrato. Uno dei luoghi più importanti è il Convento delle Terziarie Francescane. Dalla fine XV secolo, al monastero venne annesso l’ospedale e con le disposizioni del Concilio di Trento alle suore venne imposta la clausura. La Chiesa annessa al convento fu riedificata nel XVII secolo e prese il nome di San Giovanni della Sportella. In una sola aula si presentano tre macchine d’altare in stile Barocco, uno stile trionfale, stravagante, quasi teatrale. L’altare centrale mostra una ricca cornice di elementi architettonici di legno intagliato e dorato, l’insieme si conclude con una solenne cimasa sostenuta da putti e festoni. Di altrettanto interesse si può ricordare  la Chiesa di Santa Lucia, una piccola chiesa che racconta una lunga storia, come dimostra anche la sua architettura con la porta a sesto acuto, forse di origine trecentesca. È posizionata su un pianoro nel caseggiato di Aggi, la chiesa, riccamente adornata di affreschi,  è volta verso oriente, la porta di entrata nella parete a cornuepistolae è a sesto acuto in pietra squadrata; sull’arco vi è una pietra con scolpita una croce gotica. Tutte queste testimonianze, rappresentano già in sé un percorso unico da vivere e approfondire, che ci portano stretto contatto con le influenze storiche della committenza ecclesiastica in queste terre.