BENEDETTO E FRANCESCO A NOCERA UMBRA-GUALDO TADINO-GUBBIO

Umbria mistica e santa; luoghi che hanno ospitato nel corso del tempo importantissime e intensissime esperienze e situazioni religiose, qui sono nati modelli e percorsi che hanno arricchito ed aiutato a comprendere la dimensione spirituale della religiosità cristiana. A seguito dell’invasione longobarda avventa nella seconda metà del VI secolo non tutti i cenobi benedettini presenti nell’area umbro-marchigiana, furono soppressi o dispersi. A cominciare dalla seconda metà del secolo X si verificò una loro vera e propria rinascita. La lenta e continua conversione al cristianesimo dei dominatori longobardi, sollecitò i signorotti feudali a favorire la valorizzazione di queste istituzioni, effettuando in loro favore la protezione di Dio e dei suoi Santi attraverso le preghiere dei monaci.
Le due figure centrali della spiritualità umbra sono Benedetto da Norcia e Francesco d’Assisi, vissute in un arco di tempo tra il V e il XIII secolo, momenti tormentati e difficili per la cristianità e la civiltà occidentale.
Nel territorio della Diocesi di Nocera Umbra e Gualdo è punto nodale e centro della diffusione della regola benedettina rinnovata l’antico eremo di Fonte Avellana, ai confini tra Umbria e Marche. Le sue origini vengono fatte risalire alla fine del X secolo, precisamente intorno al 980 quando alcuni eremiti decisero di costruire qui le celle di un eremo. Col passare dei secoli, poi, l’eremo è cresciuto e si è espanso fino a diventare l’attuale monastero. Questi eremiti erano stati ispirati da San Romualdo di Ravenna, il padre della Congregazione benedettina camaldolese.
L’esperienza eremitica si conferma come forma autonoma di monachesimo, non necessariamente correlata con la pratica cenobitica.
San Rinaldo patrono di Nocera, fu monaco ed eremita nella Congregazione di Fonte Avellana nel 1182, dopo aver vissuto alcuni anni in un eremo presso Gualdo, prese la via per il monte Catria dove si stava espandendo la Congregazione. Numerosi monaci ed eremiti seguivano regole rigide, norme dettate da uno dei più illustri protagonisti della Congregazione,S.Pier Damiani (Ravenna 1007 – Faenza 1072). Rinaldo dopo 36 anni di vita monastica sarà chiamato a reggere la chiesa di Nocera dal 1218 – 1225.
Negli anni del vescovado Rinaldo fu amico e ammiratore di Francesco, favorendo lo sviluppo dell’Ordine dei Minori.
Nel preesistente quadro delle abbazie, pievi e parrocchie, costituenti i punti nodali del monachesimo benedettino, si inseriscono nuovi nuclei di vita religiosa ispirati al francescanesimo.
Uno dei luoghi più antichi sul territorio nocerino è l’eremo di Sant’Angelo di Bagnara, chiamato anche “Grotta dell’Oro”, antico cenobio rupestre di Santi Angeli de Bagnaria sive de Appennino, attestato in documenti già dall’VIII sec. d.C.con l’affermato culto micaelico. Non ci sono fonti certe, ma il luogo di antica misticità pare sia stato vissuto da Francesco nel suo ultimo soggiorno a Nocera Umbra.
Una delle tante chiese e monastero appartenenti all’Abbazia di Fonte Avellana è Santa Croce della Ficarella. La chiesa è parrocchia e sorge a circa un miglio dalla città di Nocera verso sud, all’inizio della salita di un colle ed è circondata da vigne e frutteti. La cura pastorale delle persone fino alla fine del 1400 è stata portata avanti dai monaci del Monastero, poi dall’inizio del secolo seguente fino ad ora è stata affidata ad un sacerdote diocesano.
La chiesa e il monastero da allora furono affidati alla cura pastorale del Capitolo della Cattedrale di Nocera.
A circa un miglio da Nocera Umbra, costellazioni di piccole frazioni compongono un tracciato fitto e molto interessante. A Ponte Parrano la storia si annoda intorno all’anno 1020, quando il conte Radulfo, figlio del conte Monaldo, a sua volta Conte di Nocera e della Regione di Taino, della famiglia Trinci di Foligno, fa edificare la Badia di Santo Stefano. Il conte vi costruì un magnifico Monastero dove introdusse i Monaci di S. Benedetto ad abito nero ed un Abbate “dotandolo di molti poteri e giurisdizioni”. Successivamente si alternarono monaci Cistercensi e di Santa Croce di Fonte Avellana. Parre, discendente del Conte Radulfo, e la moglie di lui restaurarono la soprannominata Chiesa e il Monastero donando loro un Castello, che dal nome di lui, Parre lo chiamarono Parrano, con tutta la “Regione”.
Oggi l’edificio appare molto rimaneggiato, terremoti e abbandoni hanno fatto perdere il tracciato architettonico originale, i recenti restauri hanno consentito di recuperare le molte tracce di una storia testimone dell’importanza di questo luogo.
Numerose fonti della Diocesi di Nocera Umbra documentano la fondazione di un altro convento benedettino,S. Paolo di Tiratolo.
Si confermano le notizie di questo luogo da atti notarili del XV secolo, oggi nell’Archivio Comunale di Nocera e in quello della Cancelleria Vescovile.
Sulla fine del secolo XIII ci fu una ripresa dell’eremitismo autonomo, che si protrasse in questi luoghi fino al secolo XV, quando il movimento fu in gran parte assorbito dalle osservanze, specie francescane.
Il culto per San Francesco fu assai diffuso nella città di Nocera. Egli vi aveva infatti più volte soggiornato grazie anche alla familiarità con il Vescovo Rinaldo, secondo le fonti di un suo intimo amico. La sua popolarità era inoltre legata alla storia, riportata anche dai suoi maggiori biografi, di una miracolosa resurrezione operata a favore di un giovane di nome Gafaro. Altrettanto fervida nella devozione popolare era la memoria di un accadimento accorso in città pochi mesi prima della sua morte. Il fatto dovette verificarsi nel 1226, quando Francesco, proveniente da Siena per curare un disturbo agli occhi e gravemente ammalatosi, manifestò la volontà di tornare rapidamente ad Assisi. Affrontato il viaggio in compagnia dei suoi più fedeli discepoli, desiderò di fermarsi proprio a Nocera per curarsi con le acque bianche. Non sono certe le notizie dei luoghi frequentati, certamente si ricorda l’eremo dell’Angelo presso Bagnara alla sorgente del fiume Topino. Non lontano dalla sorgente si trova un antico Romitorio, oggi conosciuto come La Romita, precedentemente vissuto dai Benedettini, qui Francesco ha trovato il conforto fraterno dei suoi confratelli. La ormai fragile salute di Francesco si stava aggravando e qui fu raggiunto da un’ambasceria di cavalieri assisani incaricati di scortarlo fino a casa. L’antico collegamento collinare Assisi-Nocera, assai frequentato nel Medioevo perché in parte coincidente con la via che conduceva nelle Marche, fu inoltre utilizzato dal Santo nelle sue frequenti peregrinazioni per Ancona.Questo itinerario è ritenuto oggi come l’ultimo viaggio di Francesco.
I frati minori si insediarono a Nocera Umbra nel 1215 a soli cinque anni di distanza dall’approvazione dell’ordine da parte di Innocenzo III. Erano ubicati fuori dalle mura medievali (“trans muros”), sul boscoso colle di San Pietro, non lontano dalla via Flaminia.
Nel 1319, con licenza papale, i frati si trasferirono dentro le mura (“intus muros”), andando ad occupare un piccolo oratorio di proprietà del comune. Sul finire del secolo XIV questo edificio situato di fronte al Vescovado e confinante con il palazzo dei Priori, fu ingrandito fino ad includere “un tratto del fabbricato contiguo, in modo che l’ampiezza ne risultò, presso a poco, raddoppiata. Sul nuovo tratto di parete esterna verso la Platea Communis, si aprì un grande accesso, con il magnifico portale archiacuto, policromo”.
A ricordo del nuovo insediamento un’epigrafe, datata 1386, situata accanto al portone gotico, narra dei difficili momenti che i francescani hanno vissuto per oltre un secolo.
Tuttavia la forma attuale della Chiesa con la nuova aula rettangolare scandita da cinque arconi si ebbe con il progetto dell’ architetto lombardo Antonioda Castelrotto, fra il 1494 ed il 1497. L’ampliamento del complesso comportò la costruzione di un piccolo edificio monastico ricavato nell’area adiacente al catino absidale. La Chiesa fu sede dell’ordine francescano fino alla soppressione napoleonica (1809) con la demanializzazione dei beni appartenenti allo Stato Pontificio.
Nel 1934 la Soprintendenza ai Monumenti dell’Umbria diede il via ad un progetto di valorizzazione trasformando l’edificio in Pinacoteca.
Con lo sviluppo dell’ordine francescano nel 1257 si insediarono le seguaci di santa Chiara, trasferitesi da Valle Feggio, con l’ordine delle Monache Clarisse. La prima chiesa dell’insediamento urbano era intitolata a santa Maria del Borgo, con struttura romanico-gotica e pareti a faccia vista. Successivamente dedicata a santa Chiara.
Prima della distruzione di Nocera (1248), la principale chiesa della città, Santa Maria Vecchia, costituiva la residenza del Vescovo, nonché l’abitazione dei canonici di Nocera. Nella metà del 1400 divenne il convento delle Terziarie Francescane. Le Clarisse hanno custodito questo luogo fino al terremoto del 1997. Oggi è condiviso fra il Comune e la Chiesa.
Nel territorio nocerino nei pressi delle sorgenti del Topino nell’anno 1481 i frati “osservanti”, che avevano il convento nell’ attuale piazza Caprera di Nocera, ottennero dalla Confraternita dello Spirito Santo, che aveva la sede vicino all’ episcopio, con un rogito notarile del 1481, l’uso di un terreno adiacente alla vecchia Romita. La nuova costruzione fu dedicata a san Giovanni Battista. I frati francescani restarono alla Romita di Nocera dal 1481 al 1870.

PRESENZE BENEDETTINE E FRANCESCANE NEL TERRITORIO DI GUALDO TADINO

Il silenzio e la tranquillità di quei boschi e le cime di quei monti ospitali per i dolci declivi, la ricchezza di acqua sorgiva, sin dai primi secoli dell’era cristiana hanno favorito la presenza di uomini noti per la loro santità.Il fondatore dell’Ordine camaldolese S. Romualdo (1009-1011), S. Facondino Vescovo di Tadino, il suo Diacono Beato Gioventino, S. Pier Damiano, S. Giovanni da Lodi Vescovo di Gubbio, S. Rinaldo Vescovo di Nocera, S. Felicissimo, già prima dei seguaci di S. Francesco, per più o meno lungo tempo, condussero vita eremitica sulla montagna sovrastante l’antico Gualdo di Valdigorgo sulla sua sommità, che a queste presenze eremitiche deve il nome di Serra Santa, sorge anche oggi una antica chiesa dedicata alla S. S. Trinità.Servi di Dio se ne stavano chiusi in preghiera, nell’antichità, anche in un romitorio a Campitella, in una gola tra il Monte Serrasanta ed Monte Fringuello, oltre le sorgenti della Rocchetta.Nella seconda metà del ‘400 in questi luoghi esistevano cinque antichissimi Eremitori, prossimi l’uno all’altro, tanto è vero che erano conosciuti anche come « Le Romite ». L’eremo di Santo Marzio, qui in Valdigorgo, prende il nome dal suo ospite più illustre.
Su due versanti della dorsale appenninica sono numerose le testimonianza di insediamenti nei quali in caso di necessità oltre ai religiosi si raccoglievano popolazioni indifese, oltre all’eremo di Serrananta possiamo ricordare l’Eremo di Sant’Anna e l’Eremo di San Maurizio.Sulla vetta del Monte Serrasanta, a quota 1348 metri, è situato in Valdigorgo, si ignora la data precisa della fondazione, l’eramo era famoso per la presenza di uomini che vivevano in preghiera e penitenza sulle tracce di San Facondino. Nel 1177 si trasferì in questo luogo Santo il giovane Rinaldo Prima di recarsi a Fonte Avellana. Il luogo fu frequentato anche dai primi francescani nel territorio gualdese. La stessa vita eremitica attrarre il Beato Angelo, patrono di Gualdo. Al tempo l’eremo era dedicato a Maria, solo nel XV secolo prese il titolo di SS. Trinità con la presenza di una confraternita molto attiva.
L’Eremo di Santo Marzio venne edificato intorno al 1219, in località Valdigorgo, dai primi francescani gualdesi. Nel medioevo è stato un luogo di penitenza, santificato dalla presenza di numerosi eremiti, è confermata dalle fonti la presenza di San Francesco intorno al 1224.
L’Abbazia di San Pietro in Val Resina, sorse per opera del giovane conte Monaldo II che dall’imperatore Tedesco Ottone III ebbe la riconferma del Vicariato di Nocera e Tadino. Questo discendente di Monaldo II, circa l’anno 1006, faceva costruire per le monache Benedettine, l’Abbazia e la donava alla propria figlia Armengarda che ne fu la prima Abbadessa, vi morì e fu sepolta. L’Abbazia raggiunse in breve grande importanza e per oltre un secolo vi ebbero rifugio le Benedettine, dopo le quali passò ai monaci dello stesso Ordine.

Molte sono le vicende che si sono alternate in questo luogo, oggi dopo un importante recupero conservativo, il luogo ha subito un cambio d’uso.

Chiesa Concattedrale di San Benedetto

Edificata nella seconda metà del XIII secolo assieme all’annessa abbazia camaldolese, domina la pizza principale Piazza Martiri della Libertà, anticamente sorgeva al di fuori delle attuali mura cittadine e divenne una della più importanti abbazie benedettine della zona. Poco protetta e soggetta a numerose scorrerie, i monaci chiesero di trasferirsi in un luogo più difendibile. Presenta una tipica facciata romanico-gotica con grande rosone magistralmente scolpito e un campanile neo-romanico. Il corpo, del Patrono Beato Angelo con grande concorso di popolo, fu trasportato in città e collocato nella chiesa di San Benedetto. Il culto risale al sec. XIV. Nel 1343 il vescovo di Nocera, il beato Alessandro Vincioli, fece collocare le sacre reliquie in una nuova urna di pietra rossa e dedicò al beato una cappella della chiesa abbaziale. L’interno è di stile eclettico con particolari decorativi neo-rinascimentali. Di notevole importanza l’altorilievo datato 1893, situato sull’altare maggiore, che rievoca l’incontro tra Totila e San Benedetto a Montecassino, narrato da San Gregorio Magno.

Chiesa Monumentale di San Francesco

La Chiesa di San Francesco è uno splendido esempio di arte devozionale legata all’ordine francescano, edificata alla fine del XIII secolo per ospitare i francescani conventuali, consacrata nel 1315. La facciata è caratterizzata da copertura a capanna e dal grande portale gotico fregiato di capitelli, mentre all’interno la chiesa è costituita da un’unica ampia navata. Ricca è la decorazione delle pareti, affrescate con dipinti di scuola umbro-marchigiana datati tra il XIV e il XVI secolo. Le opere più pregevoli sono sicuramente quelle del pittore-notaio rinascimentale Matteo da Gualdo: la “Madonna col Bambino in trono e i Santi Francesco d’Assisi e Sebastiano”; la “Madonna col Bambino e San Francesco”.

BENEDETTINI A GUBBIO

La presenza di monasteri e romitori benedettini è particolarmente alta nel territorio di Gubbio dove negli edifici costruiti dall’ordine si riscontrano i principi dell’architettura benedettina insiti nella Regola del Santo, dove ”ora et labora” si traduce in una partizione che contempla l’architettura concreta e necessaria alla sopravvivenza con l’edificio destinato al culto.

Qualificati inoltre come nodi del territorio, ai monasteri, agli eremi, alle abbazie facevano capo le strade percorse da pellegrini e viandanti e le principali direttrici viarie dei commerci. È questo il caso della Badia di S. Bartolomeo di Camporeggiano edificata nel 1053 da San Pier Damiani fondatore della congregazione avellanita.

Nel 1063 l’abbazia era divenuta così potente da dipendere direttamente dalla Santa Sede, nel 1419 fu unita al monastero di San Pietro e ceduta agli Olivetani. Anche San Benedetto Vecchio appartenne agli Olivetani, ma è citato per la prima volta nel 1191 in un elenco di possedimenti concessi dall’imperatore Enrico VI agli Eugubini.

Come per S. Bartolomeo di Camporeggiano il Comune di Gubbio provvide a tutelare l’integrità della struttura e la sicurezza dei religiosi creando una fortificazione e assegnandogli un presidio militare. Sempre legato alle principali vie di comunicazione è l’ Abbazia di San Verecondo de Spissis, identificata comunemente come l’Abbazia di Vallingegno costruita lungo la direttrice Gubbio -Perugia intorno all’anno 1000, del periodo più antico rimane la cripta. Nel XIV secolo

la comunità benedettina era talmente potente che congiuntamente al vicino castello rivendicò la sua indipendenza da Gubbio. Sempre prossima alla strada che da Gubbio conduce a Perugia, si trova l’ Abbazia di San Pietro in Vigneto. Nel 1336 alla chiesa vennero annessi una torre, un palazzo fortificato e un ricovero per pellegrini e viandanti che in cambio dell’ospitalità prestavano servizio presso i monaci. Diversa l’origine di Badia d’Alfiolo, monastero che sorse nelle strutture di un antico castello sino al 1096 di proprietà dei conti d’Alfiolo, passato al vescovo di Gubbio questi lo assegnò ai benedettini. Oltre all’ ambito rurale le presenze benedettine hanno caratterizzato anche l’ambiente suburbano ed urbano della città di Gubbio. Al primo si riferisce il monastero di san Donato della Foce di cui è rimasta solo la chiesa ricordata spesso nei documenti del XII secolo, uno dei pochi edifici ad aver mantenuto intatti gli originali caratteri architettonici; alla seconda tipologia i monasteri di san Secondo, San Benedetto e San Pietro. San Benedetto sorse per opera dei benedettini Neri e fu concesso nel 1338 ai monaci olivetani di san Donato. Questi favorirono in modo significativo la presenza artistica nel monastero, ospitando valenti miniatori nel XV secolo. Nel 1519 per decisione di papa Leone X furono trasferiti nel grandioso monastero di San Pietro fondato nel 966 sotto l’imperatore Ottone I e riferito dalla sua fondazione ai Benedettini Cassinesi. Sappiamo che la sua chiesa fu consacrata nel 1058 dal vescovo di Cagli. Nel 1097 godeva di molto prestigio e di cospicue ricchezze, principale edificio religioso della città secondo solo alla cattedrale. Nel 1163 Federico Barbarossa la prese sotto la sua protezione. Nel XV secolo passò ai cistercensi e nel 1505 fu ceduta ai monaci Olivetani che trasformarono la chiesa e l’abbazia in stile rinascimentale e la abitarono sino al 1831.

FRANCESCANI GUBBIO

Gubbio è la città che per prima, nella primavera del 1207 accolse il poverello riconoscendo in lui un uomo mandato da Dio, in piazza del Mercato viene accolto nella casa dell’amico Spadalonga, rifocillato e rivestito con la tunica di bigello che sarebbe stato il primo abito dell’ordine francescano. Sul fondaco della casa degli Spadalonga sorse la chiesa di San Francesco.
Questo edificio esplicita come nel XIII secolo è nell’architettura francescana che si sviluppa il nuovo stile gotico e come nella localizzazione dei loro edifici sacri si segnali la differenza sostanziale tra i benedettini e gli ordini mendicanti. Questi ultimi infatti non cercarono luoghi lontani di silenzio e meditazione, ma si insediarono nel cuore delle città, entrando così in contatto costante con il popolo. Questa vicinanza alle comunità fu anche l’elemento che determinò il grande e diffuso contributo economico da parte del popolo alla costruzione delle chiese francescane. Questo è anche il caso della chiesa di San Francesco a Gubbio fortemente voluta e sostenuta dagli eugubini subito dopo la morte del Santo divenendo una delle chiese più grandi dell’Umbria. L’elegante architettura scandita dai conci di pietra bianca e rosata e l’ imponenza dei pilastri ottagonali all’interno ne scandiscono lo spazio in 3 navate sino all’abside. Il ciclo pittorico è attribuito ai maestri che lavorarono alla Basilica di Assisi prima di Giotto, come il Maestro Espressionista di Santa Chiara, per terminare con il ciclo mariano tardo gotico di Ottaviano Nelli che ne suggeriscono lo splendore dal Duecento al Quattrocento.
È sempre seguendo le tracce delle vicende di Francesco a Gubbio che incontriamo in città altri due luoghi simbolo per il francescanesimo: S. Maria della Vittorina e San Francesco della Pace. Il primo, secondo la tradizione risale all’853, a ricordo della vittoria cristiana sui Saraceni. La vera fama di questa piccola chiesa è legata all’episodio dell’incontro di san Francesco con il Lupo di Gubbio narrato nel XXI racconto dei Fioretti. In questo luogo intorno al 1220 San Francesco incontrò e ammansì il lupo che uccideva uomini e animali. San Francesco ottenne in uso la chiesa della Vittorina dal vescovo Beato Villano nel 1213 anche con il consenso dei benedettini che ne erano beneficiari e realizzò qui il primo insediamento di frati francescani. Il secondo è la chiesa di San Francesco della Pace, edificata nel trivio detto “ mors lupi” per ricordare dentro la città il luogo dove visse e morì il lupo ammansito dal POVERELLO. Fu infatti costruita sopra la grotta dove la lupa visse secondo la tradizione. La chiesa ebbe il titolo di San Francesco della Pace quando nel 1584 vi fu trasferita dalla chiesa della Vittorina la pietra, ora mensa d’altare, sopra la quale Francesco predicò dopo l’ammansimento. Nella cripta si conserva la pietra che ricopriva la tomba della lupa.
Un altro momento della vicenda francescana a Gubbio è legato alla chiesina di Caprignone, che sembra abbia ospitato nel 1223 il primo capitolo dell’Ordine Francescano convocato fuori da Assisi. La piccola chiesa cui era affiancato un piccolo cenobio fu donata a Francesco dal signore del Castello di Coccorano e sorse sui ruderi di una chiesa risalente alla fine dell’XI, fondata su un precedente tempio pagano.

SCHEGGIA E PASCELUPO BENEDETTINI

Badia di S. Emiliano in Congiuntoli

Fondata dai Benedettini nel X secolo, dimora dei cistercensi, nel corso del XII secolo fu beneficata dai conti di Sassoferrato che la dotarono di castelli, di mulini e selve. Nel 1836 fu annessa al monastero di FONTE Avellana. La chiesa conserva intatta la sua struttura originaria.

Badia di S. Maria di Sitria

Lungo la strada che conduce a Fonte Avellana, fu fondata da S. Romualdo nel 1017 con dipendente da Fonte avellana. Secondo la tradizione S. Romualdo trascorse qui alcuni anni in totale clausura in un locale ancora esistente chiamato “ prigione di S. Romualdo”. L’ interno ha pianta a T, l’abside è sopra il presbiterio rialzato e sotto di esso è ospitata la cripta.