Alla scoperta della pittura di Ottaviano Nelli nell’Umbria di nord est 

Ottaviano di Martino Melli (divenuto Nelli a seguito dell’affermarsi di questa più rara lettura nella storiografia di XVIII – XIX secolo), forse nipote del pittore Mello da Gubbio, si formò sul finire del XIV secolo, a contatto con molteplici ambienti artistici e tradizioni: dalla pittura di Mello a quella dei neogiotteschi perugini, dai maestri orvietani e senesi a quelli di scuola lombarda e veneta. Artista dal temperamento estremamente recettivo, fu un originale interprete dello stile gotico cortese o internazionale, allora in voga nelle corti italiane ed europee, che seppe divulgare anche con un linguaggio narrativo di stampo popolare, riuscendo così a soddisfare committenze molto diverse tra loro. Fu attivo per tutta la prima metà del XV secolo, operando a Gubbio, sua città natale e in un’estesa area del centro Italia: da Perugia a Urbino, da Assisi a Foligno, da Fabriano a Città di Castello, da Fano fino a Rimini, incarnando perfettamente la figura dell’artista girovago tipica della cultura tardogotica. 

Nel contesto politico di quegli anni, che vide affermarsi le Signorie in sostituzione delle precedenti autonomie comunali, vi fu un rinnovamento delle classi dirigenti nel governo dei territori e nuove opportunità di ascesa sociale, specialmente per i ceti della borghesia mercantile e artigiana, in maggioranza tra la popolazione e fondamentali nel sostenere i nuovi Signori. Si apriva così una stagione di particolare prosperità nelle città che portò a una generale rinascita delle arti. A Gubbio nel 1384 si affermava la Signoria dei Montefeltro e Ottaviano Nelli ne divenne ben presto il pittore ufficiale. Fu anche un personaggio politico di rilievo della Gubbio feltresca, ricoprendo tantissimi incarichi istituzionali come console e addirittura consigliere personale dei conti Antonio e Guidantonio. 

Nella sua bottega si realizzava di tutto, dai dipinti su tavola ai semplici arredi effimeri, ma fu nella complessa tecnica dell’affresco che Ottaviano eccelse, con la realizzazione di pitture votive e più complessi cicli narrativi a carattere sacro e profano. 

La pittura di Ottaviano Nelli, particolarmente diffusa nel territorio, ci consente di delineare un itinerario che dalla città di Gubbio guida nei borghi storici dell’Umbria di nord est, alla scoperta di opere di grande valore artistico, ancora oggi efficaci nel tramandare frammenti di vita quotidiana tra XIV e XV secolo. 

A Gubbio la chiesa di Santa Maria Nuova conserva diverse opere del maestro tra cui una Crocifissione, una Madonna del latte e soprattutto il suo capolavoro artistico, la celebre Madonna del Belvedere. L’opera risale al 1403 e raffigura la Madonna dell’Umiltà, seduta su un cuscino e incoronata tra Angeli, Santi e donatori. Il dipinto, così bello da sembrare una preziosa miniatura trasposta su muro, da sempre è stato oggetto di forte attenzione, imponendosi come fulcro visivo e devozionale dell’intera chiesa. Un’atmosfera fiabesca e cortese è trasmessa dal fondo azzurro rabescato, dalla delicatezza ed eleganza delle vesti esaltate da dorature diffuse, dalla presenza di angeli musicanti. L’affresco era un tempo inserito entro un’architettura dipinta ben studiata, che creava effetti illusionistici di profondità volti a esaltare l’immagine mariana: ne rimane traccia nelle colonnine tortili che incorniciano la scena, abitate da curiose figure antropomorfe. Allo sfarzo e alla moda delle corti aspirava sicuramente il ricco committente dell’opera, Antonio di Mucciolo Angelucci, di professione tintore quindi esponente dell’Arte della lana, vero e proprio motore dell’economia eugubina a quel tempo. Egli è ritratto nell’affresco votivo accanto al suo santo eponimo, Sant’Antonio abate, mentre prega vestito a lutto per l’anima di una persona cara, forse sua moglie, raffigurata nella parte opposta del dipinto accanto al suo angelo custode. 

Commesse importanti per Ottaviano Nelli, nella sua città natale, furono poi quelle per le chiese degli ordini mendicanti, con cui il pittore diede prova di saper gestire mirabilmente la realizzazione di grandi cicli murali. 

La chiesa di San Francesco ospita nell’abside di sinistra le Storie Mariane dipinte all’inizio del secondo decennio del XV secolo. La sequenza narrativa inizia in alto e procede da sinistra a destra prevedendo una numerazione delle scene che si succedono sui vari livelli delle pareti. La numerazione facilitava la lettura delle scene raffigurate ed era un sistema funzionale alla fruizione delle immagini sacre molto in uso nelle comunità religiose femminili nel XIV e XV secolo. A commissionare gli affreschi fu infatti probabilmente una confraternita di pie donne, terziarie francescane o altre consorelle laiche, che avevano in uso la cappella e che il pittore rappresenta nella scena della Natività di Gesù attraverso la figura femminile inginocchiata in primo piano, con manto nero e velo bianco. Altra scena significativa è quella raffigurante la Nascita di Maria, un vero e proprio frammento di vita quattrocentesca che ritrae in maniera dettagliata un ambiente privato nel momento successivo al parto, con la servitù indaffarata nel prendersi cura della neonata e della partoriente distesa nel letto. Insolita e originale è poi la soluzione delle Cariatidi che alla base del ciclo sembrano sostenere il peso delle scene sovrastanti: l’unica figura superstite è rappresentata di spalle e abbigliata con una opelanda dalle ampie maniche che testimonia l’attenzione del Nelli alla moda del suo tempo. 

La chiesa degli Eremitani nel borgo di Sant’Agostino, appena fuori le mura urbiche di Gubbio, è forse il luogo che meglio evidenzia il carattere narrativo ed espressivo di stampo popolare dello stile nellesco. Intorno al 1420 furono eseguiti gli affreschi dell’arco trionfale con il Giudizio finale (in cui Ottaviano Nelli si avvalse della prestigiosa collaborazione di Jacopo Salimbeni, importante pittore di quel tempo) e quelli del coro con le Storie di Sant’Agostino, uno dei primi e più completi racconti della vita del santo destinato a influenzare anche la successiva iconografia agostiniana. Molto suggestive sono le scene con i viaggi per mare di Agostino e quelle che ritraggono città turrite e animate dalla folla. Vi è nel ciclo anche una variegata galleria di volti ben caratterizzati, esemplari sono le scene della Morte di sant’Agostino e della Traslazione del corpo del santo a Pavia, in cui si riconoscono le fisionomie degli eugubini del tempo, nobili, mercanti, popolani oltre all’autoritratto del pittore. 

Nella chiesa di San Domenico sono gli affreschi con le Storie di San Pietro martire, un ciclo tardo, poco conosciuto e non ancora valorizzato essendo in attesa di restauro, che Ottaviano Nelli dipinse con la sua bottega nel 1445, all’età di circa settantacinque anni. I dipinti raccontano nove episodi della vita di Pietro da Verona, profeta, dottore e martire domenicano canonizzato a Perugia nel 1253, il cui culto fu da subito promosso e sostenuto dai frati predicatori. Le storie nellesche concentrano l’attenzione su eventi clamorosi come i prodigi e i miracoli del santo e ovviamente sul drammatico martirio che campeggia nella parte centrale della cappella, ben visibile dalla navata, una scelta che rispecchiava la natura devozionale dell’opera. La scena è ambientata in un paesaggio minuziosamente descritto dove si stanno svolgendo alcuni lavori agresti: colpisce in particolare il dettaglio degli alberi tagliati che sanguinano nel luogo del martirio. 

Tra le committenze private di Ottaviano Nelli spicca la decorazione di Palazzo Beni, residenza di Luca di Giovanni della Serra, l’uomo più influente della Gubbio del Quattrocento, cancelliere del conte Guidantonio da Montefeltro e delfino di Papa Martino V. Tra gli anni 1424 e 1425 Nelli affrescò varie stanze al primo e al secondo piano del palazzo. L’intento del committente era chiaramente quello di celebrare il benessere economico e sociale raggiunto dalla sua famiglia ma anche affermare il proprio ruolo politico di rilievo, esibendo nella propria dimora gli stemmi delle autorità che contribuirono alla sua fortuna. Alcuni fregi e numerosi stemmi araldici, tra cui quelli dei Montefeltro e dei Colonna, sono visibili nella parte del palazzo che oggi ospita il Museo delle Arti e dei Mestieri. Di grande interesse era il ciclo di affreschi con Allegorie dei Vizi e delle Virtù, decorazione di carattere profano tipica delle 

dimore signorili di quegli anni, attestata da alcuni frammenti tuttora visibili a palazzo Beni e da altri esemplari più completi staccati dalla sede originaria nel 1898 e recentemente acquistati dal Comune di Gubbio. 

La pittura di Ottaviano Nelli caratterizza anche molti luoghi all’aperto della città di Gubbio, per la presenza di suggestive immagini mariane all’interno di caratteristiche edicole, cioè quelle piccole costruzioni a forma di tabernacolo o nicchia che troviamo sulle facciate delle case, ai crocicchi delle strade o lungo le vie di campagna, con funzione votiva. Poco conosciuto è, all’incrocio tra via XX settembre e via Mastro Giorgio, il tabernacolo ligneo contenente l’affresco con l’Incoronazione della Vergine, posto su un edificio identificato come l’antica residenza del pittore nel quartiere di Sant’Andrea. Raro esempio di decorazione votiva eseguita da un artista sulla facciata della propria casa tra XIV e XV secolo, risale al 1425 e celebrava la notorietà e la fortuna economica e sociale del pittore nella città natale. Più nota è invece la Madonna con Bambino in trono tra Santi della cosiddetta edicola dell’Abbondanza, posta a ridosso del torrente Camignano ove un tempo vi erano gli edifici dell’annona frumentaria del Comune di Gubbio. In posizione sopraelevata, dirimpetto a Porta Sant’Agostino è poi l’edicola di via Dante, raffigurante una Madonna in trono col Bambino e angeli musicanti. Il bel dipinto fu richiesto a Ottaviano Nelli dalla Confraternita dei Disciplinati del Crocifisso di sant’Agostino nel 1430 circa, per la facciata dell’Ospedale Nuovo gestito dall’istituzione caritatevole. Il Bambino rivolge lo sguardo e in particolare il gesto benedicente verso il basso, al di sotto dell’edicola, dove un tempo transitavano coloro che aveva necessità di ricorrere alle cure e all’assistenza dell’ospedale. Altra bellissima immagine mariana del maestro, che rivela l’influenza della tradizione pittorica senese, è la cosiddetta Maestà della Piaggiola (1405) inserita dal 1624 all’interno di una cornice barocca presso l’altare maggiore della Chiesa di Santa Maria della Piaggiola. L’affresco decorava in origine un’edicola situata appena fuori le mura urbiche lungo la strada che da porta San Pietro conduceva verso la pianura di Gubbio, in direzione di Assisi, probabilmente appartenuta alla confraternita dei Putti dei Bianchi, un sodalizio che forse si dedicava all’infanzia. 

L’itinerario di scoperta dell’arte di Ottaviano prosegue a ovest di Gubbio, nella valle del Carpina a Pietralunga. Nell’antico borgo, nel 1403, il pittore firmava e datava per l’altare maggiore della chiesa di Sant’Agostino una delle sue rare opere su tavola: il polittico con la Madonna in trono tra i santi Antonio abate, Agostino, Paolo, Caterina d’Alessandria, conservato oggi presso la Galleria Nazionale dell’Umbria. Il dipinto, fondamentale per la ricostruzione della cronologia dell’artista, fu realizzato grazie a un lascito degli eredi di Pietro Corsutii come si evince dall’iscrizione sulla cornice. Destinato ad una piccola comunità conventuale in un centro poco trafficato, rappresenta una versione rustica dello stile gotico internazionale a cui il pittore aveva già aderito in quegli anni, frequentando la Perugia dei Visconti. L’opera conserva la sua carpenteria originale cuspidata a cinque scomparti, impreziosita da un elegante fondo oro. Da notare, nei pilastrini laterali, le piccole immagini di santi e nella cuspide dello scomparto centrale, la insolita iconografia della Trinità tricefala. 

Ottaviano Nelli fu attivo anche nel castello di Fossato di Vico, borgo arroccato alle pendici del monte Maggio, in prossimità di un valico appenninico importante. Nel 1405 il pittore fu impegnato con la sua bottega nella decorazione di un piccolo oratorio situato dentro le mura, noto come Santa Maria della Piaggiola. Dedicato in origine alla Santa Croce, il luogo di culto fu costruito per volere dell’eremita Fra Giovanni Marini tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo. Le decorazioni ad affresco furono invece commissionate dalla devota Francesca di Bartolomeo, forse una benestante fossatana. La tipologia dell’oratorio, che si compone di un’unica aula con volta a botte, è comune alle valli più meridionali dell’Umbria e dell’Abruzzo e prevede raffigurazioni iconiche e narrative che si prolungano sulla volta. La maggior parte dei dipinti si ispirano alla Passione di Cristo tra cui spiccano la grande Crocifissione della parete di fondo (sotto alla quale un tempo compariva la firma del pittore Ottaviano Nelli e il 

nome della committente) e una singolare Vesperbild con la croce posta di traverso. La raffigurazione dei Santi Onofrio e Antonio abate è un chiaro riferimento alla vocazione eremitica di Fra Giovanni, fondatore dell’oratorio. Altri affreschi come San Giacomo Maggiore e la Madonna del latte, possono invece richiamare la possibile funzione dell’oratorio quale importante luogo di pellegrinaggio. 

L’itinerario di visita prosegue verso nord nel castello di Costacciaro, altro borgo fortificato lungo la via Flaminia. Qui Ottaviano Nelli possedeva una casa e frequenti dovettero essere i suoi soggiorni nel luogo. Negli anni trenta del XV secolo affrescò una Crocifissione e Dolenti per la chiesa di San Lorenzo, oggi purtroppo ridotta ad un frammento, ma comunque in grado di trasmettere la qualità della sua arte. Espressività e patetismo caratterizzano questo periodo della maturità del pittore ma anche velocità nell’esecuzione che lo porterà ad eseguire modelli iconografici già realizzati in precedenza. Il Nelli, ancora molto richiesto e impegnato nel seguire le commesse artistiche, adottò anche qui il modello di Crocifissione realizzato nel 1404 per la Chiesa di Santa Maria Nuova a Gubbio, poi replicato con varianti nella Piaggiola di Fossato di Vico e nella cappella di Palazzo Trinci a Foligno. 

La monumentale chiesa di San Francesco a Gualdo Tadino conserva un’insolita opera del Nelli, un affresco raffigurante le Stimmate di San Francesco, commissionata tra gli anni 1435-1439 da Ludovica di ser Gaspare di ser Nicoluccio, raffigurata mentre assiste inginocchiata e in preghiera alla scena. L’evento miracoloso si svolge come da tradizione tra una chiesetta e un romitorio sulle balze rocciose del monte della Verna. Ottaviano Nelli inserisce nel dipinto alcune varianti iconografiche (già utilizzate da pittori del Duecento e Trecento tra cui lo stesso Giotto e Pietro Lorenzetti) per poter illustrare meglio il racconto. La famiglia di orsi rintanata nelle cavità rocciose del monte è così un dettaglio realistico che allude alla solitudine e alla natura selvatica del luogo; il falco appollaiato sulle fronde dell’albero in primo piano rimanda invece al racconto di San Bonaventura, secondo cui il rapace svegliava san Francesco durante la notte per l’ufficio divino facendogli sentire il suo canto fino all’alba. 

L’itinerario nellesco nell’Umbria di nord est si conclude a sud nei territori controllati dalla Signoria dei Trinci, committenti a Foligno nel 1424 di una delle imprese più importanti nella carriera di Ottaviano: gli affreschi con le Storie della Vergine nella cappella di palazzo Trinci. La fama del pittore e il decorativismo tipico del suo stile incontravano sicuramente il gusto del committente, Corrado III Trinci, ambizioso signore noto per la propensione al lusso e alla ostentazione, desideroso di emulare il padre Ugolino III nell’attività di mecenatismo. Il largo uso di cera dorata impressa a caldo conferisce al ciclo di affreschi una preziosità che non ha confronti con altre opere dell’artista, che qui si confrontava con la fastosa decorazione delle sale adiacenti, eseguita in precedenza da Gentile da Fabriano per Ugolino. Le Storie Mariane di Ottaviano Nelli interrompono tuttavia i temi profani e laici delle pitture del palazzo introducendo soggetti sacri, una scelta che va interpretata come il tentativo di Corrado III di guadagnarsi la benevolenza del Papa e recuperare una certa credibilità personale e politica. Erano infatti trascorsi solo tre anni dai drammatici eventi che gli avevano consentito di succedere al fratello maggiore Niccolò alla guida della Signoria folignate. Le cronache del tempo parlavano di un oscuro coinvolgimento di Corrado nella cruenta strage di Nocera Umbra, che nel gennaio del 1421 aveva portato all’assassinio, da parte del castellano Pietro da Rasiglia, ferito nell’onore, di Niccolò Trinci, primogenito di Ugolino e di Bartolomeo, figlio cadetto. Alcune fonti tramandano infatti che causa dell’omicidio fu la relazione intrattenuta da Niccolò con la moglie di Pietro, Orsolina. Unico superstite, Corrado si vendicò del castellano e dei suoi parenti giustiziandoli tutti e facendo scempio dei loro cadaveri. Le atrocità commesse in Nocera impressionarono il Pontefice Martino V, che mandò un suo commissario a Foligno per frenare l’ira di Corrado, minacciandolo di scomunica. Confidando nell’appoggio di Braccio Fortebraccio e degli altri Signori vicini, quasi tutti suoi parenti, Corrado si fece beffe delle minacce del Papa. Ma morto Braccio nella 

battaglia dell’Aquila del 1424, i contrasti con la chiesa ripresero. Corrado III regnò fino al 1441 quando fu ucciso su disposizione del pontefice. Terminò così la prestigiosa Signoria dei Trinci.