UN ITINERARIO DEL CONTEMPORANEO: XXVII BIENNALE DI GUBBIO

La XXVII edizione della Biennale di Gubbio ha voluto scommettere sulla capacità dell’arte contemporanea di riattivare e reinventare il rapporto con il territorio e con i luoghi iconici che ne racchiudono il genius loci. Sono state quindi proposte opere da mettere in relazione dialogica con monumenti e saper antichi anche con la volontà di dare senso e significato all’esistenza contemporanea nutrendola di questa relazione con il passato. Il collegamento con il territorio e con la sua storia sociale ed artistica, enucleando quella medievale e rinascimentale, la scelta di dar corpo a questo collegamento coinvolgendo la comunità e i suoi artigiani in una relazione con gli artisti contemporanei, dimostra il potere trasformativo e visionario dell’arte. Rappresenta anche la volontà di tornare a dare senso e ruolo all’artista ormai prevalentemente relegato ai margini di una società di cui nel passato invece contribuiva a raccontare e costruire la visione del mondo. La XXVII Biennale di Gubbio chiama ad una nuova narrazione contemporanea della realtà gli artisti italiani delle ultime generazioni che hanno l’opportunità e l’onere di sfidare i maestri che hanno definito la storia dell’arte occidentale.

IMAGINA

Il titolo di questa XVII edizione della Biennale di Gubbio “IMAGINA” racconta del rapporto fra l’immaginazione dell’artista e la sua capacità di attivare l’immaginazione delle persone. La mostra si sviluppa in sette sezioni disseminate tra Palazzo dei Consoli e Palazzo Ducale. L’obiettivo di IMAGINA è presentare la miglior scena artistica emergente italiana, sperimentare nuove forme di contaminazione e sfidare gli artisti a dialogare con la storia della città e le sue diverse anime. Nelle diverse sezioni gli artisti possono dialogare e collaborare con la comunità locale anche rappresentata dai maestri artigiani creando opere inedite, possono proporre opere già realizzate o nuove produzioni per affrontare tematiche specifiche.

Le sette sezioni sono:

  • MEDIOEVO AL FEMMINILE: la forza trascendente ed assoluta che ha caratterizzato per secoli la civiltà medievale europea
  • LA MISURA UMANA: la potenza centripeta dell’idea umanistica rinascimentale
  • LA QUESTIONE DELLE LINGUE: il rapporto con un passato antico e mitico rappresentato dalle Tavole Iguvine
  • TRA ORIENTE E OCCIDENTE: la fascinazione per la capacità di interagire grandi culture esotiche come la collezione tibetana Vivian Gabriel
  • FOTOGRAMMI IN QUADRERIA: La forza iconica e visiva dei tesori custoditi nella quadreria di Palazzo Ducale
  • GENIUS LOCI: Le architetture geometriche ed essenziali della sezione site specific di Palazzo Ducale
  • CORPORAZIONI CONTEMPORANEE: La storia viva delle università dei mestieri che attraverso la sapienza artigiana portano nel presente una storia secolare

LA SEZIONE DI PALAZZO DEI CONSOLI

  1. MEDIOEVO AL FEMMINILE
  2. LA QUESTIONE DELLE LINGUE
  3. TRA ORIENTE E OCCIDENTE

SEZIONE MEDIOEVO AL FEMMINILE: è la sezione allestita nella sala dell’Arengo di Palazzo dei Consoli luogo simbolo del governo della Gubbio comunale e una delle più solenni realizzazioni urbanistiche dell’età di mezzo. Del luogo è stata evidenziata la forte identità maschile: solo uomini i membri del Consiglio del Popolo, solo uomini gli 8 consoli che qui risiedevano e svolgevano le proprie funzioni di governo. Per ribaltare questa connotazione 8 artiste italiane under 35 hanno preso possesso e reinterpretato questo spazio. Questo passaggio avviene stabilendo una connessione dal cielo alla terra, dal simbolico maschile al simbolico femminile realizzando 8 opere ispirate ai gonfaloni medievali che con una lunghezza di 5 metri scendono dalla volta della sala dell’Arengo.

AUTORITRATTO di Sveva Angeletti. L’opera nasce dall’interazione tra una serie di immagini fotografiche e l’applicazione di AI “Seeing AI”. Sviluppata da Microsoft per aiutare gli ipovedenti ad interagire più agevolmente con l’ambiente circostante, l’applicazione utilizza la fotocamera per riconoscere oggetti, persone, testo…e per interpretare le immagini fornendo delle didascalie, nella fattispecie dell’autoritratto PERSONA DONNA, 31 ANNI CHE SEMBRA ESSERE FELICE.

DESERT MOTHERS di Bea Bonafini. L’opera combina tecniche tradizionali e digitali con narrazioni storiche e sociali. Desert Mothers intreccia le storie di Maria Maddalena e Maria d’Egitto, entrambe prostitute che rispetto a questo stigma cercano una loro redenzione. L’opera immagina ciò che per la loro società era una colpa come atto di libertà, di trasgressione libera da connotazioni patriarcali. Le due Marie tradizionalmente venivano ritratte con lunghi capelli fluenti a coprire le loro nudità, qui i capelli si trasformano in una sorta di corazza di elementi primari infatti in una facciata le chiome sono rosse come il fuoco ardente mentre nell’altra azzurre come le acque di una cascata di cui evocano la potenza lenitiva.

LICHENARIA di Ambra Castagnetti. Lo stendardo rappresenta due figure di donne, una più giovane e una più anziana che in riva ad un lago e ai piedi di una montagna sono coinvolte in quella che sembra essere una danza rituale dove la più anziana ha il ruolo di guida.  Sopra le due figure incombe una immagine che sembra emanazione del sortilegio   rappresentando la relazione biunivoca tra ambiente fisico e politico e il corpo.

ZANNE FRAGILI di Lucia Cristiani. Lo stendardo rappresenta una figura umana dotata di zanne sproporzionate ma nello stesso tempo deboli. Per l’artista proprio l’osservazione dell’apparato dentale umano con la sua involuzione rappresenta il processo di adattamento dell’essere umano a nuovi habitat e condizioni che hanno fatto regredire la sua animalità che però torna fuori, debole e inadatta, con l’istinto di protezione e nei momenti di crisi.

PAYSAGE CORPOREL- ELLE N’EST PAS DERACINEE di Binta Diaw. L’opera è tratta dalla serie fotografica Paysage Corporel. Qui sono rappresentate due mani speculari radicate nella terra che alludono alle radici di mangrovie fitte e dallo sviluppo armonioso e come esse siano la base di un ecosistema vitale di relazioni, base dell’esistenza.

FIREFLY di Federica di Pierantonio. Protagonista dello stendardo è il tema dell’acqua che si ispira alla fons arenghi, la fontana zampillante posta al piano nobile di Palazzo dei Consoli. L’acqua serve ad affrontare il tema del potere e delle sue dinamiche attraverso i simboli del flusso e della cascata.  L’ambientazione è virtuale ed è ottenuta fotografando uno dei mondi virtuali del video gioco The Sims 4 di cui fa parte anche l’avatar presente in scale diverse su entrambe le facce dello stendardo.

SIRIO di Valentina Furian. Sirio è una stella della costellazione del Canis Major e si trova nel punto in cui dovrebbe essere il muso del cane per questo è rappresentata con le sue fauci spalancate. Una immagine familiare, consueta che però alterando la scala dell’immagine, ci porta ad una diversa percezione che trasforma il consueto in qualcosa di spaventoso e mostruoso che ci terrorizza.

OBLITERAZIONE NARRATIVA di Giulia Mangoni. La superficie di questo stendardo è a primo impatto semplicemente decorativa, ma rappresenta invece il binarismo storico in cui uomo e donna si sono confrontati soprattutto in relazione al potere, uomo potente e parlante e donna sacra e muta.  La sua realizzazione contribuisce a fare chiarezza: un primo strato di tessuto rappresenta gesti e sguardi maschili e questo rappresenta il fondo, il contesto, su di esso uno strato di acrilico che rappresenta gesti e sguardi del femminile sacro essenzialmente ricondotti alle immagini delle madonne.

SEZIONE LA QUESTIONE DELLE LINGUE: l’installazione è ispirata dalla presenza delle Tavole Iguvine tra i più importanti testi rituali dell’antichità classica. Le sette Tavole in bronzo con le loro 4365 parole erano un manuale di regole da seguire nelle ritualità che connettevano la comunità umbra al divino. Questa funzione della Tavole si mette perfettamente in relazione con la ricerca del collettivo artistico Numero Cromatico che ospita al suo interno diversi mondi dalle arti visive al design alle neuroscienze, vede nel linguaggio anche nuovo e generato da intelligenze artificiali un percorso di collegamento con il concetto e significato di futuro, stimolo profondo di esplorazione dell’esistenza.

GUARDIAMO INSIEME IL CHIARORE DELLE TENEBRE di Numero Cromatico. L’installazione composta da una serie di opere inedite si presenta come iscrizioni contemporanee su materiale plastico monocromo. I testi provengono dal volume” Il futuro è qui da qualche parte” e sono generati con l’ausilio di un’intelligenza artificiale “Statements of a New Humanity”, appositamente istruita e “nutrita” da Numero Cromatico per scrivere testi – stimolo sul futuro dell’umanità.

SEZIONE TRA ORIENTE E OCCIDENTE: le interazioni tra Oriente e Occidente si manifestano nei temi religiosi e spirituali cui rimanda la presenza a Palazzo dei Consoli della Collezione Vivian Gabriel. Questa collezione costituita da oggetti di origine tibetana, nepalese, indiana e cinese con materiali per uso rituale e strumenti musicali impiegati in alcuni aspetti della vita religiosa della popolazione tibetana e indo-nepalese. L’artista Namsal Siedlecki interpreta questa collezione con una scultura in zolfo elemento caro agli alchimisti con una forte spiritualità che con il suo ciclo vitale in continua evoluzione rimanda all’idea di creazione e trasformazione.

UGOLINO di Namsal Siedlecki. L’artista si ispira alla vicenda del Conte Ugolino, raccontata da Dante nella Divina Commedia, che dopo aver visto i figli morire, in agonia si nutrì dei loro corpi, nutrendosi simbolicamente del proprio futuro. Presenta una porzione di scultura di Auguste Rodin del 1881 riprodotta in zolfo che rappresenta uno dei figli del Conte. Lo zolfo è elemento simbolico della putrefazione e della digestione che appunto richiama la vicenda narrata da Dante.

LA SEZIONE DI PALAZZO DUCALE

  1. LA MISURA UMANA
  2. GENIUS LOCI
  3. FOTOGRAMMI IN QUADRERIA
  4. CORPORAZIONI CONTEMPORANEE

LA MISURA UMANA: è la sezione allestita nel Salone d’onore di Palazzo Ducale, luogo simbolo dell’anima rinascimentale della città che rimanda ad una visione antropocentrica della realtà.  I valori e le idee del Rinascimento hanno ispirato le opere di otto artisti, otto sculture free standing  che si innalzano dalla terra verso il cielo. Ognuna di esse indaga nuovi punti di vista sulla storia ma anche e soprattutto sul presente.

CRESCERE IN MANCANZA di Giulio Bensasson. L’opera ha carattere monumentale, è una colonna alta cinque metri, decorata con grottesche in basso rilievo. Le forme vegetali e floreali sono state ottenute scavando il corpo della colonna, sono quindi riconoscibili dalla forma di un vuoto, una mancanza. La celebrazione dell’abbondanza, ostentata dalle grottesche nei palazzi nobiliari del Rinascimento, si trasforma in celebrazione della mancanza. La colonna perde il suo significato di stabilità e sostegno e diviene testimone di instabilità e incertezza.

VISIONARIE di Ruth Beraha. Visionarie è il titolo di una serie di sculture in ceramica, dipinte a mano e raffiguranti bulbi oculari. Frutto di una riflessione sul mistero e il potere dello sguardo, le sculture, surreali e oniriche, forzano il visitatore ad assumere il ruolo di oggetto osservato, di vittima dello sguardo non richiesto, imposto e non consensuale, ribaltando la prospettiva usuale.

THE SHADOW di Antonio della Guardia. Il mouse, lo strumento di lavoro e interazione virtuale con il mondo, si trasforma, con l’aggiunta di tre artigli in vetro soffiato, nella zampa di un animale immaginario dai tratti aggressivi. Il titolo dell’opera aggiunge un indizio importante alla comprensione del punto di vista esposto dall’autore: un’ombra minacciosa può nascondersi dietro l’uso improprio della tecnologia.

PREGHIERA di Lucas Memmola. La scultura in cera si ispira alle formazioni calcaree che si originano in natura dall’ unione di stalagmiti e di stalattiti. Questa tensione fra il basso e l’alto diventa per l’artista una metafora dell’incontro tra l’uomo e il divino attraverso la preghiera. La scultura è formata con gli scarti delle candele accese, raccolte dall’artista in un luogo di culto. Ciò aumenta il valore simbolico dell’opera che assorbe in sé i sogni, desideri, speranze e angosce di chi attraverso quell’atto rituale si è rivolto al divino.

TESTE DI CAVOLO di Serena Vestrucci. A terra, isolate, giacciono Teste di Cavolo, sculture in bronzo ricavate da un calco a grandezza naturale di quattro varietà di questo ortaggio (cavolo rosso e cappuccio, broccolo e cavolfiore). Sulla superficie si scorgono teste umane con espressioni tristi e rassegnate, piccoli ritratti anti-monumentali abbandonati come ruderi antichi.  L’artista si interroga sull’ordinario della quotidianità e sulla complessità dell’esistenza umana, ricorrendo alla pratica dello spaesamento allusivo, tipico delle opere surrealiste. Partendo da oggetti comuni, situazioni o espressioni di tutti i giorni, ne modifica la percezione caricandoli di nuovi significati.

GENIUS LOCI: è la sezione delle opere site-specific, dedicata alla riscoperta dello spirito dei luoghi, della loro essenza più profonda, reinterpretata attraverso le pratiche artistiche del contemporaneo. Il percorso di visita riguarda alcuni ambienti del palazzo che nel passato scandivano e caratterizzavano la vita quotidiana del duca e della sua corte. Le opere sono state concepite direttamente per il luogo che le ospita.

Y (LUCA), Y (PAOLO), Y (ANONIMO), Y (ALESSANDRA) di Paolo Bufalini. Per la Sala da pranzo del palazzo, spazio trafficato e di passaggio tra la vita di corte e l’ambiente domestico, l’artista ha messo in evidenza il potere trasformativo dell’arte e dei luoghi. All’interno di contenitori di vetro a forma di Y sono immersi denti da latte appartenenti alle quattro persone citate nel titolo dell’opera. La soluzione acida porterà alla corrosione e scioglimento dei denti, i quali scompariranno in termini visivi ma non chimici. Il processo digestivo attivato nell’opera evoca la funzione originaria dell’ambiente espositivo, più in generale l’opera rimanda al concetto di presenza invisibile e tempo trasformato.

CAULUM di Helena Hladilova. L’opera è esposta nello Studiolo di Federico da Montefeltro, luogo di riflessione e raccoglimento ma anche di celebrazione della personalità del duca. Ad ispirare l’artista è l’immagine di un pappagallo in gabbia e la tecnica della tarsia lignea con cui è decorato l’ambiente. Caulum, infatti, è una scultura realizzata con incastri di marmi diversi che rappresenta un pappagallo, liberato dalla voliera e dalla seconda dimensione per una lettura in chiave contemporanea del rapporto tra l’ uomo e la natura.

TORNEREMO ANCORA di Lulù Nuti. L’artista è andata alla ricerca del genio del Giardino pensile del palazzo e ha scoperto che un tempo vi era una fontana. Il suo intervento evoca tale testimonianza, attraverso la costruzione di una fontana che si sviluppa in profondità nel terreno, anziché emergere al centro del giardino. Anche il suo funzionamento viene ribaltato, l’acqua non sgorga dal centro verso l’esterno ma viene inghiottita da un buco centrale. Le energie presenti e passate affluiscono e defluiscono contaminandosi.

ELLIOT di Gabriella Siciliano. La presenza di una piccola grotta artificiale verso il monte, negli ambienti appartati dell’antica Cisterna del palazzo, ha ispirato questo intervento. L’artista ha voluto dare allo spirito del luogo il corpo di un drago di peluche, Elliot, dalle fattezze dolci e innocue.  Per questa indole è stato cacciato dalla sua grotta naturale e vive rifugiato nella grotta del palazzo in attesa di ricevere visite. Lustrini e paillette ricoprono la fodera di peluche, a significare che la fragilità, la tenerezza e la sincerità che Elliot incarna e che sono assopite nell’essere umano, meritano un posto d’onore.

FOTOGRAMMI IN QUADRERIA: è la sezione allestita nel corridoio di soprallogge e in alcune sale dell’appartamento della duchessa. Le opere video e fotografiche degli artisti dialogano con i dipinti  della Quadreria di Palazzo Ducale, proponendo nuove forme d’identità visive e sonore.

MON RIRE EST CASCADE di Anouk Chambaz. La video installazione riproduce la risata di sette donne di oggi che evocano un incontro leggendario tra sette grandi femministe degli anni Settanta. Sono co-fondatrici del gruppo DonnexStrada, un’associazione che si batte per la sicurezza delle donne, contro la violenza e per una rete di sostegno.  La loro risata, libera, impavida e inclusiva è una resistenza contagiosa, una lotta gioiosa che riguarda tutti e coinvolge pure il corpo dello spettatore. La risata femminile, persino vietata alle donne nel passato, si riappropria qui del suo ruolo di scambio interpersonale, conoscenza condivisa e coscienza di gruppo. Si tratta di un’opera site -specific che l’artista contrappone alla adiacente collezione di ritratti di uomini illustri. Si vuole anche evocare la presenza femminile in questi ambienti nel passato, quando erano in uso alla duchessa e alla sua corte di nobildonne.

BANANA TREE, BOUGAINVILLEA AND GREEN di Lorenzo Vitturi. Una natura morta in chiave contemporanea dialoga con le opere della Quadreria raffiguranti il medesimo soggetto. L’artista si affida alla stampa d’archivio a pigmenti per una sintesi del suo processo creativo che unisce scultura e fotografia. Fonte d’ispirazione per l’opera esposta è il  Balogun Market di Lagos in Nigeria, uno dei più grandi mercati di strada al mondo, un perfetto microcosmo per indagare le dinamiche sociali, economiche e culturali di un territorio e, in generale, di un paese.  Qui l’artista ha raccolto i materiali e gli oggetti che sono poi diventati ingredienti di sculture e nature morte realizzate presso il suo studio. Dopo essere stati assemblati, i materiali sono stati alterati con pigmenti e vernici, quindi fotografati, stampati, riassemblati e infine rifotografati. Nell’assemblare oggetti e materiali esotici così diversi tra loro, inserendo sullo sfondo particolari delle texture di tessuti artigianali,  l’artista riesce ad evocare perfettamente l’atmosfera del mercato di Lagos, così come  i suoi profumi, odori, sapori  e colori. Il banano, presente nell’opera, è una pianta cosmopolita e ben riassume lo spirito di un mondo sempre più interconnesso, essendo stato portato, fin dall’epoca antica, dai mercanti arabi un po’ ovunque, specialmente in Africa. La bouganvillea, con le sue infiorescenze, è la pianta  del benvenuto, dell’accoglienza e, dunque, rappresenta lo stesso concetto di apertura e di proiezione verso il mondo.

CORPORAZIONI CONTEMPORANEE: A Gubbio, da sempre, le corporazioni artigiane hanno assunto un ruolo basilare nella vita politica e tuttora sono parte fondamentale della Fondazione Università delle Arti e dei Mestieri della città: artigiani che operano in diversi settori mantengono ancora in vita e con grande maestria varie delle tradizionali tecniche di lavorazione dei materiali. “Corporazioni contemporanee” nasce nell’ambito del progetto IMAGINA: sette artisti elaborano e mettono a punto le proprie idee grazie alla collaborazione con le maestranze locali, ispirandosi e rappresentando l’anima del luogo che li circonda. Nei sotterranei di Palazzo Ducale, sei opere d’arte contemporanea si fondono con le preesistenti strutture medievali.

Guglielmo Maggini, “Senza Titolo” (TITANO MIO), in collaborazione con Marzia e Matteo Fumanti. La ceramica, rimasta viva nei secoli, è ancora oggi uno dei settori più affascinanti tra le varie forme di artigianato. In questo ambito eccelle il Laboratorio di Ceramica Fumanti con il quale collabora l’artista Guglielmo Maggini. L’opera è un insieme di elementi che nella sua globalità potrebbe rappresentare un albero, un totem o una parte di radice che ramifica nelle fondamenta del palazzo. Maggini studia gli stampi realizzati inizialmente da Aldo Fumanti, fondatore dell’azienda, oramai non più in uso per ripensarli e riportarli al presente e agli occhi delle nuove generazioni. Con colori, pennelli e un forno l’artista crea la sua opera giocando con i materiali, in questo caso ceramica e resina si fondono insieme creando una composizione armonica.

James Hillman realizza “Fosso”, in collaborazione con Andrea Martinelli dell’Università dei Fabbri. Una lunga cascata in acciaio inossidabile che penetra in una delle griglie del palazzo fino a raggiungerne il sotterraneo. Dall’uso delle mani e grazie a processi di produzione meccanizzati crea le sue opere e spesso, per arrivare al suo scopo, costruisce apposite macchine nel suo studio.

Francesca Cornacchini dà vita alla sua opera “Disarmo 2”, in collaborazione con Romeo Marcelli dell’Università dei Falegnami, con la quale va ad analizzare il disarmo sia fisico che concettuale. Dal ‘400 al ‘600 grandi artigiani realizzarono importanti apparati lignei dei cori, degli organi, dei leggii e dei seggi episcopali assieme a importanti lavori di intaglio e intarsio. La Cornacchini prende spunto dallo Studiolo di Federico da Montefeltro per la sua creazione; realizza una coppia di coltelli da combattimento moderni di dimensioni giganti, annullando la loro pericolosità ed esaltandone la dimensione ludica, come giocattoli di legno classici, un chiaro messaggio contro la violenza. Nello Studiolo di Gubbio, luogo di arti e scienze, le armi diventano oggetti estetici e simboli ben lontani dal loro uso originario: le lance disposte con la punta abbassata, l’armatura in una nicchia, le spade e le mazze disposte su mensole.

Diego Miguel Mirabella realizza “Abito e lavoro nello stesso luogo” in collaborazione con Tiziano Francioni dell’Università dei Calzolari. Si tratta della riproduzione in bronzo di un paio di scarpe dell’artista, opera in cui un testo scritto in negativo da Mirabella crea una specie di impronta sul vetro come quella lasciata dalle scarpe su una superficie lucida. Un continuo vagabondare, la fine e l’inizio di un nuovo viaggio.

Lucia Cantò con “Lei”, supportata da Luca Grilli dell’Università dei Muratori, Scalpellini, Arti congeneri nella produzione del suo lavoro. Il titolo dell’opera, è una forma composita dove le due pietre scelte sembrano quasi uno scrigno che riflette la luce circostante, il marmo di Carrara, il suo fondo immaginariamente osservato ma senza percepirne la fine.

Veronica Bisesti, “Dove si posano le stelle” in collaborazione con Manuela Marchi. E’ un’istallazione ambientale fatta di vari stendardi diffusi per le strade del centro storico, su ognuno di essi è rappresentata una stella. Ogni famiglia con il suo stendardo va a formare una costellazione, punto di riferimento per popoli e individui per orientarsi ma anche simbolo di buon auspicio.