Il Lustro è una particolare tecnica decorativa che consente di ottenere il colore dell’oro del rubino con sfumature cangianti o iridescenti. Il sofisticato procedimento venne acquisito dall’arte della ceramica nella seconda metà del XV secolo, quasi certamente attraverso la mediazione dei lustri ispano-moreschi provenienti dalla Spagna attraverso il porto di Maiorca, da cui prese il nome di maiolica. Tra i principali elementi chimici utili a questa tecnica creta e aceto. Dopo l’applicazione dell’impasto sull’oggetto dipinto, interviene una terza cottura a 620 °C detta piccolo fuoco, che impiega l’uso di legni in grado di generare basse temperature e la riduzione di ossigeno e di umidità dall’interno della camera di cottura. L’effetto metallico caratteristico, inizialmente invisibile perché coperto dalla creta asciutta presente nella soluzione, emerge in tutta la sua luminescenza dopo la pulitura con un panno. I primi centri che sperimentarono questa tecnica in Italia furono Faenza, Pesaro, Deruta e Gubbio ma fu soprattutto nei due centri umbri chela tecnica mise radice si incanalò in una produzione sistematica e ben conosciuta. A Gubbio in particolare il lustro approdò nella seconda metà del XV sec. Il protagonista indiscusso di questo importante momento storico artistico fu Mastro Giorgio Andreoli la cui bottega, attiva a partire dagli anni ottanta del Quattrocento, dominerà la produzione eugubina e quella del Ducato di Urbino per più di mezzo secolo. La sua produzione si qualificò particolarmente per la maiolica istoriata, tipica di forme come taglieri, tondini, bacili e coppe su cui venivano dipinte scene a carattere mitologico, religioso, allegorico e storico. Questo tipo di vasellame prezioso spesso costituiva dono nuziale e aveva la funzione di oggetto di arredo da esibire per esaltare la propria appartenenza sociale. Le maioliche lustrate da Mastro Giorgio rappresentano senza dubbio l’elemento caratterizzante la sezione di ceramica del Museo Civico di Palazzo dei Consoli. Tra gli esemplari istoriati presenti vi è il tondino con “La Caduta di Fetonte” e il tagliere con “Pico, Circe e Canente”.Nella sua ultima fase, dopo il 1530, la bottega Andreoli, guidata dal figlio di Mastro Giorgio, Vincenzo,si specializzò in una tipologia prevalente:la coppa su basso piede con decorazioni a rilievo nota come “coppa abborchiata”, considerata produzione seriale. Le decorazioni solitamente inserite al centro di questa tipologia di coppe sono stemmi, emblemi e figure di santi, mentre attorno alla tesa si dispongono radialmente pigne, infiorescenze e fiamme.