Scultore Umbro (Cerchia di Arnolfo di Cambio?)

Inizi del XIV secolo

Santi diaconi Giacomo e Mariano martiri

Marmo con tracce di policromia, 100 x 31 x 38cm, 113 x 42 x 24 cm

Gubbio, Museo Diocesano

Le due statue raffigurano due chierici, uno in piedi, l’altro inginocchiato, tonsurati e dai volti giovanili, con le fattezze pressoché uguali.  Entrambe, recanti tracce di policromia, sono lavorate anche sul retro ma la maggior caratterizzazione della figura inginocchiata, dotata di un libro che stringe tra le braccia conserte, ha spinto a credere che questa sculturaplausibilmente in adorazione della Vergine, per l’ipotizzata collocazione entro la parte superiore di un monumento funebre, potesse essere san Mariano, il martire posto in posizione preminente nella devozione espressa da Gubbio ai due santi africani.  In realtà esisteva una qualche gerarchia tra loro, essendo Giacomo diacono e Mariano soltanto lettore, come si apprende dal martirologio che li celebra insieme ad altri santi della Numidia, terra dalla quale le loro spoglie furono presto portate in Italia approdando nel Duomo di Gubbio che fu ad essi titolato.  Molto probabile, pertanto, la loro provenienza da un sepolcro della cattedrale eugubina, di cui però non abbiamo più testimonianza.  Le sculture sono state ricondotte dalla scarsa letteratura che le ha considerate a una cultura sviluppatasi in Umbria specialmente sulla scorta delle opere perugine di Arnolfo, e pertanto assegnate finora alla fine del XIII secolo. Lo stile arnolfiano può essere individuato nell’impostazione dei corpi, nel modellato geometrico delle teste, nonché nell’essenzialità del panneggio, sia della figura in piedi, che richiama i chierici del bassorilievo del monumento Annibaldi in San Giovanni in Laterano (circa 1290), sia della figura inginocchiata, che richiama il modello della scultura di fine Duecento, come è visibile dal confronto con i rilievi della Fontana di Perugia di Arnolfo.  Tuttavia alcuni aspetti decorativi del collare e dell’orlo del manto si possono confrontare con i motivi ornamentali geometrizzanti, adottati nel monumento a Benedetto XI in San Domenico a Perugia, e in particolare nelle figure del sant’Ercolano e del papa inginocchiato a lato della Vergine. Confronto che, obbliga ad una datazione da contenersi tra il 1304, data della morte del papa, e il 1306. Basandosi su questi dati cronologici e stilistici, l’autore delle statue dei due martiri, rivelauna cultura maturata sulle opere di Arnolfo ma aggiornata sul linguaggio figurativo proprio sia della scultura assisiate, sia della scultura orvietana visibile nella tomba di Benedetto XI in San Domenico di Perugia.

Il titolare del monumento funebre perdutopuò essere ricercato tra il vescovo Francesco I (morto nel 1305) e il suo successore, Giovanni Bervaldi, vescovo di Gubbio tra il 1305 e il 1313. Costui apparteneva all’Ordine dei predicatori o Domenicani, che era entrato con determinazione nella questione delle sepolture all’interno degli spazi religiosi. Si può pertanto ipotizzare che il monumento funebre, da datarsi entro il secondo decennio del Trecento, sia stato dedicato a un vescovo, plausibilmente l’unico domenicano di questo arco cronologico, ed eseguito da uno scultore formatosi nell’ultimo quarto del Duecento, ma ancora attivo e aggiornato per qualche lustro del secolo successivo.

Fra i maestri di pietra e legname ricordati nei documenti pubblicati dal Mazzatinti, Angelo di Pietro, nella lista dei ghibellini eugubini del 1315, e Giovanni “magistri Donti”, menzionato a partire dal 1326, sono purtroppo soltanto nomi.