Approfondimento sul rapporto della corte federiciana con la scienze astronomiche e l’astrologia
Federico fu un uomo assai pio, come hanno evidenziato i suoi biografi, tra i quali lo stesso Vespasiano da Bisticci che lo ricorda “religiosissimo e osservantissimo de’ divini precepti” . Lo studio delle arti del trivio e del quadrivio, e in particolare della matematica e dell’astronomia verso cui nutrì un peculiare interesse, proseguirono per tutta la vita e sono attestati da Vespasiano da Bisticci, nella celebre biografia a lui dedicata, e da altri contemporanei. La religiosità del duca non ostacolava il suo interesse nei confronti dell’astrologia, che intese come una scienza nobile e divina, basata sulla conoscenza dei principi matematici e dei moti delle stelle, riconosciuti dai cristiani come segni e non come cause. Uno studio, quello dei cieli, ritenuto da Federico “cosa ammirevole e più d’ogni altra degna dell’uomo sia per lo stretto contatto con la divinità sia per le difficoltà dell’indagine e la nobiltà della materia”. È attraverso questa tradizione astronomica-astrologica che Tolomeo, la cui fortuna è legata ad opere come l’Almagesto e i Tetrabiblos, diviene autore studiato e considerato da Federico il quale, non a caso, pone nel suo Studiolo urbinate, tra le immagini degli uomini illustri, quella dell’Astronomo greco, al quale riconosce la perizia nei calcoli astrali e nello studio della geografia. Nel dipinto urbinate, l’Astronomo greco, insignito di una corona in quanto erroneamente identificato con un re della dinastia dei Tolomei, impugna con la sinistra un astrolabio detto ‘tolemaico’, privo dell’anello meridiano, strumento essenziale per ricreare in modo ipotetico il moto dell’universo. Lo strumento è simile a quello rappresentato nel dipinto detto Astronomia, forse realizzato per lo Studiolo di Gubbio, ma più probabilmente per la biblioteca del duca a Urbino, dove la personifica zione di quest’arte consegna l’oggetto ad un uomo barbuto di difficile identificazione. Questi oggetti unitamente agli strumenti musicali esemplificano il concetto di proporzione, della misura dello spazio e del tempo, mediante il quale viene indicato il fondamento matematico della musica. Significativa è la presenza nella corte di Urbino a partire dal 1481 di Paolo di Middelburg (1445- 1533), originario dell’Olanda, già studioso di fama e professore nello Studio patavino (1479-81). Visse gran parte della sua vita in Italia e morì a Roma nel 1533. Fu vescovo di Fossombrone dal 1494 al 1533 e raggiunse la sua fama non tanto come medico, attività di cui abbiamo scarse notizie, quanto per la stesura di pronostici, in gran parte dedicati a Federico da Montefeltro, al figlio Guidubaldo, a Ottaviano Ubaldini, nonché all’illustrissimo imperatore Massimiliano, ma soprattutto per aver partecipato alla riforma del Calendario giuliano. Paolo di Middelburg attese in modo quasi sistematico alla stesura di pronostici, un genere all’epoca molto diffuso. Tra i codici astrologici della biblioteca federiciana è conservata la traduzione in latino di Raimondo di Moncada del De imaginibus caelestibus, questo scritto è dedicato all’uso e alla realizzazione di potenti talismani astrali. La scelta della sura ventiduesima per la traduzione è significativa, in quanto questa rimanda alla fine dei tempi, al giudizio finale e al Paradiso, argomenti in linea con le discussioni degli astrologi presenti alla sua corte urbinate: Jacopo da Spira e, come si evince dalla datazione del codice, Paolo di Middelburg. La religiosità di Federico non è dunque da discutere, come prova inoltre la sua intimità con numerosi religiosi, tra i quali il Bessarione, personaggio centrale delle vicende italiane, a partire dal con – cilio di Ferrara-Firenze indetto per l’unione delle due chiese nel 1438-1439. Nel frattempo, nella corte prendeva sempre più forza Ottaviano Ubaldini della Carda (1424-1498), un personaggio singolare di grande cultura e intelligenza, amico di dotti e soprattutto di astronomi e astrologi, l’operato dei quali conobbe già nella corte milanese, ove si fermò molti anni, fino alla morte di Filippo Maria Visconti. È in questo ambiente che era stato costruito da Giovanni Dondi un orologio straordinario che mostra l’ora, il calendario annuale, il movimento dei pianeti, del sole e della luna nel momento in cui fu costruito, come descritto dal suo autore nel Tractatus astrari. L’orologio, realizzato fra il 1365-1384, fu donato dallo studioso a Gian Galeazzo, che lo custodì nella biblioteca di Pavia, ove le successive generazioni lo conservarono fino alla dispersione